L'1 ottobre 1498 Cesare Borgia si reca a Parigi. E' una città che non conosce ma ha cominciato ad amarla con l'apprendimento della lingua francese che, come ci siamo resi conto nel suo viaggio a Napoli al seguito di re Carlo VIII, egli sa parlare con agilità e bello stile. Ma che ci va a fare in quella città tanto lontana dalle sue origini? Va nientemeno che a chiedere la mano di Carlotta d'Aragona che, non a caso, è la cugina di Alfonso, ormai marito di Lucrezia, e figli di Federico re di Napoli. Ma non è il lieto fine di una storia d'amore, piuttosto un affare del tutto politico. Impalmando una d'Aragona Cesare si ritroverà a un gradino molto alto della scalata al regno di Napoli.
Ma l'incontro non va come previsto. L'ambita sposa, quando le propongono quell'unione, aggredisce i sensali con una scenata di violenta indignazione: “Cosa? Mi proponete di finire nel letto di un figuro del genere? Un assassino patentato degno dei prostiboli più malfamati? Vi siete dimenticati che quello è il bastardo che s'è presa come amante mia cugina, portandola via al marito, che poi è suo fratello minore? Ma cosa volete? Vado in matrimonio a 'sto infame che prima mi porta a letto e la mattina, dopo aver goduto della mia illibatezza, capace che mi scanna fra le lenzuola come il satrapo assassino delle
Mille e una notte?”
Il rifiuto è brutale e senza appello, ma Cesare non se la prende più di tanto. Come si dice, i colpi di scena sono come il vento che spinge le navi, lo scirocco diventa maestrale e vi tocca cambiar rotta. E come fa un Cesare che, giocando a scacchi, perde una regina? Se ne prende subito un'altra? Quella napoletana dice no, ma c'è sempre anche disponibile una giovane nobile francese, un'altra Charlotte, Charlotte d'Albret, sorella del re di Navarra. Lei ci sta, il padre anche, quindi evviva gli sposi.
Questa mossa di scacchi gli procura la simpatia del re di Francia, Luigi XII, il quale, in verità, si avvale di questo favore nei confronti del figlio prediletto del papa per ottenere il suo appoggio, del papa s'intende, riguardo l'annullamento del proprio matrimonio. Il monarca ha sposato in nozze non gradite Giovanna di Valois, una giovane malata di mente. Solo il pontefice può estinguere questo matrimonio. E inoltre il re vuole ottenere il benestare del Vaticano per la realizzazione di un suo progetto ambito, cioè la conquista del regno di Napoli. In testa al suo programma c'è soprattutto la conquista di Milano. Per questa impresa Cesare viene nominato luogotenente, cioè il giovane ha a disposizione finalmente un esercito da guidare in coppia col monarca per assalire, oltre a Milano, anche alcune importanti città della Romagna.
Milano viene conquistata, quindi si scende in Romagna.
Dopo alcuni mesi, il 26 febbraio 1500, Cesare entra a Roma da condottiero vittorioso. Il padre gli aveva approntato un trionfo degno di un imperatore e giunse a nominarlo gonfaloniere della Chiesa. Ma l'accoglienza più festosa ed entusiasta gli venne riservata dal popolo romano. Furono in particolare gli impiegati dell'amministrazione pubblica i più fanatici acclamatori dell'impresa del figlio del papa. I feudatari romagnoli, infatti, erano un vero e proprio fardello per lo Stato pontificio. Riottosi e turbolenti, rifiutavano da anni di pagare le tasse dovute al governo di Roma, il quale era costretto a rifarsi sugli abitanti dell'Urbe, in particolare gli impiegati che da mesi non percepivano più lo stipendio. La vittoria del Borgia, per loro, rappresenta la certezza che presto avrebbero ricevuto consistenti arretrati.
Accogliendo Cesare il padre “Santo” era costretto a minimizzare la propria felicità e l'orgoglio di possedere un figlio tanto acclamato. Ma quando furono finalmente soli nel palazzo Rodrigo giunse ad abbracciare con tanta passione il figliolo da fargli mancare il respiro. Quindi, mentre i camerieri servivano il pranzo, dove i convitati erano solo padre e figlio, Alessandro esclamò, esprimendosi in catalano: “Raccontami tutto di questo tuo trionfo!”
(Continua)
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